Con l’esaurimento dell’appuntamento elettorale, cosa faranno gli “spammatori” seriali di santini e di articoli promozionali per questo o quel partito? Quali consigli dispenseranno dopo l’orgia mediatica che ha messo al centro del dibattito una specie di surrogato della politica fatto di gossip, contumelie e promesse? Quale sarà il ruolo sociale dei tanti masaniello virtuali, rivoltosi da tastiera che parevano volersi mangiare il mondo in un solo boccone? Quale sarà l’apporto dato alla polis di tante persone che sono state convinte che basta mettere una X su un foglio di carta per sperare in un mondo migliore?
No, troppo semplice, la democrazia reale, come impariamo giorno per giorno e studiandone la storia, si guadagna metro per metro, quartiere per quartiere, esercitando una presenza di corpi e menti capace di far tremare i polsi a chiunque si avvicini all’amministrazione del “comune”. Sarebbe bella un’empasse prolungata, l’incapacità di formare un governo che prelude a nuove elezioni che, dato il sistema elettorale farlocco, scaturiranno in un nuovo nulla di fatto. I mesi passati senza nessun governo renderebbero subito chiaro il fatto che se il nostro paese avanza non è merito della classe politica che governa ma è a prescindere da essa.
Il buon funzionamento della società è dovuto in primis ai tanti lavoratori e lavoratrici che si autorganizzano e cooperano per portare avanti le loro vite, giorno dopo giorno. Oppure pensate che se l’Italia sta ancora in piedi è grazie all’intelligenza, o all’intelligence, ed agli artifizi escogitati da un Renzi, un Monti o un Berlusconi? Da quel magma che è la cooperazione sociale e che genera la vera ricchezza di una comunità, vengono successivamente estratte sotto la forma dello sfruttamento e di un sistema fiscale iniquo quelle risorse utili a far si che si creino sacche di “privilegio” per quelle componenti della comunità che si sono astutamente o fraudolentemente poste in ruoli di comando (imprenditoriali, burocratici e politici).
Ci troviamo nell’economia della promessa, delle App, dove grandi colossi come ad esempio Facebook, Amazon e Google, sfruttando le nostre interazioni nel mondo virtuale del web fanno fatturati che superano il PIL di grossi Stati. La chiamano quarta rivoluzione industriale capace di porre l’1% dell’umanità a capo di oltre il 90% delle risorse globali mentre i veri produttori di tutta questa ricchezza (non ce n’è mai stata tanta dall’inizio dei tempi), i lavoratori e le lavoratrici di tutti i settori, sono incasellati nelle micro postazioni dei call center, inseguiti da software che ne spiano i più minimi movimenti attraverso tablet o braccialetti elettronici; tutti gli altri rimangono disoccupati ma pur sempre produttivi visto che le loro stesse vite, i loro gusti ed i loro piccoli acquisti vengono scandagliati dalle app che “regalano” servizi gratuiti in cambio delle informazioni vitali che si tradurranno in grossi database ad uso e consumo della pubblicità che rimane “l’anima del commercio”. Vite mercificate e sacrificate sull’altare del profitto!
Quando lo capiremo, ci renderemo conto insieme al vecchio Marx che “la maggior parte dei sudditi crede di essere tale perché il re è il Re, non si rende conto che in realtà è il re che è Re perché essi sono sudditi”.
Se qualcuno ha il diritto di governarci è perché noi lo deleghiamo diventando di fatto governati. Se altri possono decidere di spendere le risorse provenienti dal nostro lavoro collettivo in opere inutili che generano solo mazzette e clientele come la TAV, il MOSE e più localmente il ponte di Calatrava, la Metrotramfilovia o il Parco Acquatico, questo è perché ci siamo completamente distratti dall’amministrazione della cosa pubblica o meglio, abbiamo creduto a chi ci ha detto che è una cosa che possono fare solo dei tecnici appositamente eletti? Ma perché, dovremmo chiederci, Scilipoti, Razzi, Salvini, la Gelmini o la Boschi hanno più titoli e sapienza di noi per dirci quali sono le strade da percorrere per il nostro stesso bene? Perché siamo convinti che i tecnocrati dell’Unione Europea sappiano meglio di noi cosa necessita per la nostra vita, il nostro lavoro o per il nostro quartiere? Perché dare tutto in mano ad un Occhiuto qualunque che, non riuscendo ad amministrare neanche le sue risorse, prova a giocare con le risorse collettive per non pagare il conto ad Equitalia?
Proprio da qui dobbiamo ripartire in questo dopo voto. Come scriveva Francesco Cirillo qualche giorno fa, “mai come oggi è possibile far capire che la gente deve autorganizzarsi quartiere per quartiere” rivendicando dal basso e giorno dopo giorno le proprie esigenze. Quartiere dopo quartiere paese dopo paese, potrebbe nascere dal basso un movimento autogestito e che si autogestisce facendo crescere man mano le proprie “istituzioni dal basso verso l’alto. Un po’ seguendo le esperienze dei baschi o degli zapatisti, oppure, aggiungiamo noi, dei curdi. Tutte esperienze che dimostrano che tutto ciò non è utopia ma un programma realizzabile.
Se deleghiamo decideranno sempre loro, se partecipiamo, creiamo reti territoriali fra gli abitanti dei quartieri, le associazioni ed i comitati spontanei, con pazienza e costanza potremmo realmente costruire una società diversa dove finalmente potremmo esclamare…..DecidiamoNoi!
Coordinamento Territoriale #DecidiamoNoi